Piazza San Giorgio è gremita . Il corteo di protesta contro
lo sgombero termina qui. Il furgone che ha accompagnato la manifestazione diffondendo in città la
musica e la voce di chi a farsi sgomberare
proprio non ci sta è parcheggiato a lato. Inizia una strana danza nella
piazza. Gli striscioni serpentinano sulle teste, le persone si muovono
convulsamente, le bandiere sventolano tutte insieme e si fa sempre più forte il
vociare della folla. Qualcuno apre un fumogeno, uno di quelli che si usano in
mare per le segnalazioni. Una densa cortina arancione si libra nell'aria. Ne
aprono un altro e un altro ancora. Nessuno vede più nulla ora nella nebbia, in
questa danza e d'improvviso compaiono due scale. Passano di mano in mano poi è
un attimo e l'annuncio dal megafono: “Noi del Buridda non ci stiamo a farci
sgomberare. Questa città è piena di edifici abbandonati e lasciati al degrado
ed oggi, simbolicamente, noi ne apriamo uno per comunicare al sindaco ed alla
città che non è finita qua. Il Buridda vive e presto riavrà una sede!” A
neanche una settimana di distanza dallo sgombero di via Bertani, i ragazzi del
collettivo Buridda rioccupano. Lo fanno
in centro storico nel cuore della città, prendendo possesso
dell'edificio della Garaventa, vuoto da più di sei mesi per il trasferimento
della scuola elementare nella sede di piazza delle erbe. Lo sgombero è avvenuto
mercoledì mattina all'alba. Improvviso ma non certo inaspettato. Da mesi
infatti un'ingiunzione giaceva sul
tavolo di magistrati e questura e tutti sapevano che prima o poi sarebbe stata
una questione con cui ci si sarebbe dovuti confrontare. Stupisce tuttavia il
momento e il modus di questo sgombero.
Da anni
l'edificio di via Bertani è al centro degli interessi del Comune che
intende venderlo per rimpinguare le casse cittadine. Diversi sono stati i bandi
d'asta indetti dalla giunta nella
disperata ricerca di un compratore e tuttavia tutti andati a vuoto. Stupisce la
fretta di questa operazione e la mancanza di un tentativo da parte della giunta
di riaprire un dialogo con l'associazione degli spazi sociali un tempo
presieduta da Don Andrea Gallo. La trattativa tra giunta e associazione
riguardava l'assegnazione degli spazi sociali ad oggi occupati a Genova e
prevedeva il trasferimento in altra sede di quei collettivi che si trovavano in
stabili sui quali il Comune avesse progetti diversi o che ritenesse non
agibili. Questo negoziato riguardava nello specifico il c.s.o.a.(Centro Sociale
Occupato Autogestito) Zapata a Sampierdarena, il c.s.o.a. Terra di Nessuno al
Lagaccio, il c.s.o.a. Pinelli a Molassana ed appunto il Laboratorio sociale
occupato Buridda. Con Don Gallo a fare da garante, si partiva dall'idea che gli
spazi occupati di Genova, molti dei quali attivi ormai da anni sul territorio,
rappresentassero un valore sociale per la città e meritassero quindi di essere
riconosciuti come luoghi di attivismo ed
aggregazione territoriale e come spazi di riqualificazione urbana. Nata sotto
la giunta Vincenzi questa trattativa si
è bruscamente interrotta sotto la giunta Doria, dopo che poco o nulla
era stato fatto se non il trasferimento del Pinelli dalla sede vicino al canile
della Val Bisagno al nuovo edificio di via Fossato Cicala, certamente più
consono. Fulcro delle difficoltà nella contrattazione è stato appunto il nodo
da sciogliere del Buridda. Al posto dello spazio di via Bertani 1, ex facoltà
di economia con 6000 metri quadrati fatti di ampie aule ed un pezzo di giardino perfetto per i concerti,
le attività e i laboratori che al
Buridda coinvolgevano centinaia di persone, la giunta comunale ha proposto agli
occupanti il trasferimento in un appartamento al secondo piano del mercato del
pesce. Appartamento che misura 500 metri quadrati ma che è diviso in piccole
stanze, difficilmente accessibile da grandi numeri di persone a causa di una
ripida scala d'accesso e sostanzialmente inadatto alle esigenze di uno spazio
sociale eclettico e multiforme come era il Buridda. Su questo punto da più di
un anno si era interrotta la trattativa. Poi d'improvviso lo sgombero “ a
freddo” con un'imponente operazione di polizia che non poteva che portare ad
una reazione di protesta delle centinaia di persone che ogni giorno
frequentavano lo spazio occupato di via Bertani. Per capire il perchè di questa
protesta che va ormai avanti da giorni e non accenna a placarsi è necessario
capire cosa era il Buridda e l'importanza che in più di undici anni di attività
aveva assunto e per centinaia di giovani e non e per la città intera.
Radio Babylon |
Inizialmente il progetto
fondante dello spazio è basato sull'idea di costruire una radio popolare. In
poche settimane la radio viene effettivamente messa in piedi e con il nome di
Radio Babylon inizia a trasmettere in FM in un'area ristrettissima che, oltre
alle zone limitrofe all'edificio stesso, copre appena qualche via del centro
storico. Radio Babylon però non ha il tempo di svilupparsi. Dopo neanche due mesi
dall'inizio delle trasmissioni la
polizia postale effettua un blitz e guidata da Spartaco Mortola ( ex dirigente
di piazza al G8 del 2001) sequestra tutto il materiale atto alla trasmissione
adducendo la motivazione (mai effettivamente accertata) che la radio creasse
interferenze sulle frequenze di trasmissione dei vigili del fuoco di Savona.
Nonostante questo primo forzato stop, via Bertani resta occupata. Il Buridda si
apre al quartiere ed alla città ed offre i suoi immensi spazi a chi ne ha
bisogno per portare avanti progetti sociali, culturali o di aggregazione. In
poco tempo si riempie di persone ed attività ed in pochissimi anni diventa un
punto di riferimento nel panorama culturale della città. Decine se non
centinaia sono i laboratori ed i gruppi che si sono avvicendati nelle stanze
della Buridda: gruppi teatrali, laboratori di artigianato quali cucito e
falegnameria, aule studio, aule di prova e di registrazione musica, laboratori
di informatica, laboratori di autoproduzione, gruppi di promozione di eventi
musicali, una palestra popolare di boxe ed una di arrampicata per citarne
alcuni. Al Buridda , con costanza vengono anche organizzati concerti ed eventi
culturali di grande richiamo come ad esempio il Critical Wine: fiera dei piccoli produttori di vino che si
tiene tutti gli anni in svariate parti d'Italia e che fa riferimento
all'omonima organizzazione fondata da Umberto Veronelli per rilanciare una
coltivazione ed un consumo sostenibili e di qualità al di fuori delle logiche
del mercato e della grande produzione. Otto sono state le edizioni del Critical
Wine alla Buridda partecipate ogni anno da migliaia di persone.
In più di dieci anni di occupazione questo spazio è riuscito
a rispondere alle esigenze di una parte importante della città. Attraverso
l'autogestione è riuscito ad aggregare pezzi di generazioni diverse che si
ritrovano nella comune voglia di fare e creare al di fuori degli schemi
standardizzati del consumismo imperante. Il Buridda è certamente un luogo “di
parte” nel quale viene proposta solamente una certa visione del mondo ma
nonostante questo ha saputo assumere un ruolo fondamentale nel tessuto
collettivo cittadino e da molti è sentito come uno di quei beni comuni nel nome
del quale molti oggi affermano di agire. Non si capisce quindi come un sindaco
quale è Marco Doria dopo essersi fatto forza dei temi della partecipazione,
della democrazia diretta e della difesa dei beni comuni per tutto il corso
della sua campagna elettorale, possa oggi assumersi la responsabilità dell'aver
permesso se non addirittura ordinato lo sgombero di questo spazio sociale.
Tutto ciò in un periodo in cui la città vive già momenti intensi di difficoltà
sociale con le mobilitazioni dei lavoratori
del trasporto pubblico e degli operai di Fincantieri prima e di Piaggio
poi e con la prospettiva a Scarpino di un disastro ambientale incombente. Si
può essere d'accordo o meno sull'occupazione degli spazi lasciati in stato
d'abbandono ma è comunque indubitabile che l'attività del Buridda rappresenti
un polo positivo per Genova nella misura in cui concentra la creatività
giovanile (e non solo) in un luogo fisico supplendo alla mancanza diffusa di
possibilità di espressione e aggregazione e dando a chiunque l'opportunità di
partecipare e di rendersi attivo. Quante cose si facessero al Buridda lo si può
intuire dal materiale che gli occupanti hanno portato via dall'edificio. in
stato di sgombero coatto con il permesso della polizia. Sotto gli occhi stupiti
di Digos e Celerini, sono stati portati
a spalla: sacchi da boxe, attrezzi ginnici, schermi e proiettori, corde e
materiale circense, impianti stereo, mixer, stumenti musicali e generatori di
corrente, un calcetto, un forno ad alta temperatura, una stampante 3d (con la
quale i ragazzi del laboratorio “Fab Lab” hanno anche stampato pezzi per una
protesi regalata ad una bambina del quartiere), cucine a gas, un forno per alte
temperature autoprodotto, attrezzi agricoli e da cucina ed altro ancora. Un
patrimonio di strumentazione, spesso autocostruito che rimane ora inattivo
chiuso in qualche magazzino nella speranza di poter ritrovare un luogo dove
poter essere nuovamente utilizzato.
Due sono gli elementi fondamentali su cui si costruisce la
protesta contro lo sgombero: il numero elevatissimo di persone che, fosse anche
una volta sola, per una sola iniziativa,
si sono ritrovate a passare per lo spazio occupato di via Bertani e la capacità
di rendere le persone attive che nel
corso degli anni ha caratterizzato il Buridda. Entrambe sono elementi che fanno
intuire come la portata di questa protesta sia destinata a non esaurirsi ed a
crescere di intensità e di livello. Dal giorno dello sgombero le iniziative in
tal senso sono state quotidiane. Gli occupanti si sono attivati
nell'immediatezza e con grande sforzo scendendo in strada, presidiando Palazzo
Tursi nel giorno della Seduta del Consiglio, lanciando online e su Facebook una
campagna di sensibilizzazione che ha già avuto un'adesione di massa: le
adesioni alla pagina “Salviamo il Buridda” sono infatti state più di cinquemila
in pochi giorni e centinaia sono i “selfie” di solidarietà arrivati sul profilo
del Laboratorio Sociale. Il collettivo sta raccogliendo consenso e solidarietà
ovunque anche in altre città italiane ed ha già avuto la forza di iniziare una
nuova occupuazone seppur temporanea. A partecipare alla protesta non sono solo
i membri del collettivo ma una vastità varia di persone fatta di studenti e
lavoratori, di militanti dell'area antagonista, di cittadini, di appartenenti
al movimento di lotta per la casa pronti a mettersi in gioco in prima persona
per rispondere a questo sgombero. E' chiaro come il discorso sia ormai oltre la
semplice questione dello spazio fisico andando ad assumere il valore di una
lotta sui beni comuni, sul come vengono gestiti gli interessi pubblici, sul
come le istituzioni spesso non diano la sensazione di saper rispondere alle
esigenze reali della popolazione. Per questo nei volantini e nei comunicati del
Buridda si leggono riferimenti alla costruzione del terzo valico, alle occupazioni
abitative avvenute a Genova in questi ultimi mesi ed in genere alla situazione
di precarietà esistenziale in cui molti partecipanti alla protesta si
riconoscono. Lo sgombero è vissuto come un sopruso non singolo ma collegato ad
una realtà comune nel Paese. “Non è un caso” dice un ragazzo al megafono
dell'assemblea pubblica tenutasi in Piazza San Giorgio subito dopo la nuova
occupazione della Garaventa” “che in questi giorni in tutta Italia la polizia
abbia sgomberato altre realtà occupate. Ieri a Firenze una palazzina occupata
per uso abitativo da un collettivo di ragazze madri, qualche giorno fa a Torino
lo sgombero dell'Asilo occupato dal movimento di lotta per la casa, e ancora a
Roma e a Salerno.” I partecipanti all'assemblea sono seduti per terra in circolo
a gambe incrociate nell'afa di una prima serà d'estate. Il megafono passa di
mano in mano e a parlare sono in molti. “ Renzi si sente legittimato dal finto
40 per cento preso alle europee e sta colpendo ovunque in Italia i movimenti
sociali per portare avanti le sue politiche di speculazione e di interesse”
afferma un altro ragazzo applaudito dalla folla. “ Il PD è il vero responsabile
di questo sgombero. Ci aspettano tempi duri e dobbiamo dare una risposta forte
e concreta. La città è con noi” si respira
fermento nella piazzetta del centro storico.. Dentro si è già attivata la
preparazione di una cena popolare. Tra le stanze vuote è stata trovata anche la
cucina dell'ex scuola, perfettamente funzionante e piena di attrezzature
lasciate a loro stesse. “Soffritto” hanno scherzosamente deciso di chiamare il
nuovo posto occupato temporaneamente. Soffritto come il passo fondamentale
precedente alla preparazione della buridda di seppie. L'intenzione comune che
esce dalle molte voci presenti alle assemblee è infatti quella di riappropiarsi
di uno spazio dove far rinascere il Buridda, il suo collettivo e le sue
attività. In quest'ottica gli occupanti
hanno lanciato la data di Sabato 14 per
un grande corteo colorato e massiccio.
La manifestazione riesce pienamente. Più di duemila persone attraversano
la città guidate da un immenso Tir (un autoarticolato da 13 metri) dal quale
alternati dalla musica si sono succeduti gli interventi in solidarietà al
Laboratorio sgomberato e contro la gestione delle politiche sociali tenuta
dalla giunta Doria. A questo corteo partecipano, oltre ai centri sociali
cittadini, delegazioni provenienti da Padova e da Milano, il Movimento di lotta
per la casa genovese, organizzazioni di studenti medi e universitari ed un mix
generazionale di persone che vuole esprimere la propria vicinanza ai
"buriddini" sgomberati. Partito a De Ferrari il lungo serpentone
scivola giù per via Venti Settembre. Arriva lentamente fino a Corvetto sotto
gli scrosci incessanti di un imponete temporale estivo e poi si inerpica su per
Via Assarotti. La questura teme un tentativo di rioccupazione della sede di via
Bertani e polizia e carabinieri, invisibili nel corteo, presidiano
massicciamente i cancelli e gli accessi dell'ex facoltà di Economia. Nelle
strade però si balla e si canta. I bambini e le famiglie del movimento di lotta
per la casa innalzano casette di cartone che si librano in aria attaccate a
palloncini d'elio, tra la gente sventolano bandiere rosse e bandiere no tav e
l'atmosfera è quella di una festa. I manifestanti arrivano in piazza Manin, il
Tir si arresta qui e la piazza si gremisce di danze. D'improvviso però il
corteo riparte, a passo veloce scende in corso Montegrappa e si ferma davanti
ad un grande edificio abbandonato. Salta un lucchetto e si aprono i cancelli.
La Digos osserva preoccupata e impotente ed i ragazzi del Buridda invadono
l'edifico. E' l'ex magistero, all'incrocio con via Montello. Inaugurato da
Mussolini in persona in epoca fascista è vuoto da anni, lasciato in stato
d'abbandono dall'Università di Genova che lo possiede. Questa volta
l'occupazione non è temporanea e i neo occupanti lo dichiarano pubblicamente: "Questo
edificio rappresenta in maniera lampante quanto, laddove non si vedono
possibilità di speculazione, le risorse della nostra città non vengono tenute
in considerazione." gridano al megafono " Questo palazzo di più di
tremila metri quadri è perfettamente
agibile ma come molti altri vuoto e lasciato a sé stesso dalle istituzioni
della nostra città. Noi oggi lo occupiamo e da qui riparte la nuova
Buridda!" La struttura è fatta di tre piani e di una vasta area esterna
composta anche da tre fasce di terreno. Così come era successo per l'edificio
di Via Bertani, nei sotterranei gli
occupanti scoprono un significativo patrimonio di libri e di attrezzature
dell'università accatastate e inutilizzate. Qualcuno afferma che ci sono anche microscopi
elettronici e volumi risalenti al '700. Dentro, gli spazi sono ampi e ben
sistemati per lo sviluppo di attività collettive. Una bandiera con l'ormai noto
polpo, simbolo di questo spazio sociale, viene innalzata sul pennone del tetto
del magistero. La sera si presidia e si festeggia, poi già dal giorno
successivo iniziano i lavori per sistemare la nuova sede. Viene pulita l'area
esterna da spazzatura, erbacce e vegetazione in sovrabbondanza. Nelle tre fasce
di terreno che danno direttamente sulla casa dello studente di via Asiago si
prevede lo sviluppo di un progetto di orto urbano assieme anche ad alcuni
residenti nella casa studentesca che si sono detti interessati. Tutto il
materiale salvato dallo sgombero viene portato nella nuova sede e si decidono i
nuovi spazi a seconda delle esigenze dei vari laboratori. I lavori da fare sono
tanti, perché anche se l'edificio è in
ottimo stato, anni di abbandono non si cancellano con un colpo di spugna. Ma a
sporcarsi le mani con attrezzi e vernici sono in tanti nella nuova Buridda e
prevedono prima della fine dell'estate di poter
riprendere a pieno le attività sociali interrotte bruscamente con lo
sgombero di maggio. L'Università di Genova è presa dall'elezione del nuovo
rettore ed ancora non c'è una posizione ufficiale riguardo all'occupazione. Ciò
che è certo però è che la Buridda dal giorno dello sgombero ha ricevuto davvero
tanta solidarietà da parte di un'ampia e variegata fascia del mondo cittadino,
compresi alcuni professori universitari. La capacità di questo spazio di
evolversi e di aprirsi alla città accogliendo le istanze di diversi ambienti e
di diverse generazioni rappresenta di sicuro un fattore con cui le istituzioni
e la proprietà del Magistero dovranno confrontarsi nella scelta di come gestire
il fatto ormai avvenuto di questa nuova occupazione. Nel frattempo in corso
Montegrappa lavorano e progettano. Già un primo weekend di invito ai lavori con
annessa grigliata serale e sound system è stato fatto. Gli occupanti non
aspettano ma la loro speranza è quella che la nuova sistemazione possa
finalmente rivelarsi stabile.
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