31/07/14

I giorni del Buridda



Piazza San Giorgio è gremita . Il corteo di protesta contro lo sgombero termina qui. Il furgone che ha accompagnato  la manifestazione diffondendo in città la musica e la voce di chi a farsi sgomberare  proprio non ci sta è parcheggiato a lato. Inizia una strana danza nella piazza. Gli striscioni serpentinano sulle teste, le persone si muovono convulsamente, le bandiere sventolano tutte insieme e si fa sempre più forte il vociare della folla. Qualcuno apre un fumogeno, uno di quelli che si usano in mare per le segnalazioni. Una densa cortina arancione si libra nell'aria. Ne aprono un altro e un altro ancora. Nessuno vede più nulla ora nella nebbia, in questa danza e d'improvviso compaiono due scale. Passano di mano in mano poi è un attimo e l'annuncio dal megafono: “Noi del Buridda non ci stiamo a farci sgomberare. Questa città è piena di edifici abbandonati e lasciati al degrado ed oggi, simbolicamente, noi ne apriamo uno per comunicare al sindaco ed alla città che non è finita qua. Il Buridda vive e presto riavrà una sede!” A neanche una settimana di distanza dallo sgombero di via Bertani, i ragazzi del collettivo Buridda rioccupano. Lo fanno  in centro storico nel cuore della città, prendendo possesso dell'edificio della Garaventa, vuoto da più di sei mesi per il trasferimento della scuola elementare nella sede di piazza delle erbe. Lo sgombero è avvenuto mercoledì mattina all'alba. Improvviso ma non certo inaspettato. Da mesi infatti un'ingiunzione  giaceva sul tavolo di magistrati e questura e tutti sapevano che prima o poi sarebbe stata una questione con cui ci si sarebbe dovuti confrontare. Stupisce tuttavia il momento e il modus di questo sgombero.
 
Da anni  l'edificio di via Bertani è al centro degli interessi del Comune che intende venderlo per rimpinguare le casse cittadine. Diversi sono stati i bandi d'asta indetti  dalla giunta nella disperata ricerca di un compratore e tuttavia tutti andati a vuoto. Stupisce la fretta di questa operazione e la mancanza di un tentativo da parte della giunta di riaprire un dialogo con l'associazione degli spazi sociali un tempo presieduta da Don Andrea Gallo. La trattativa tra giunta e associazione riguardava l'assegnazione degli spazi sociali ad oggi occupati a Genova e prevedeva il trasferimento in altra sede di quei collettivi che si trovavano in stabili sui quali il Comune avesse progetti diversi o che ritenesse non agibili. Questo negoziato riguardava nello specifico il c.s.o.a.(Centro Sociale Occupato Autogestito) Zapata a Sampierdarena, il c.s.o.a. Terra di Nessuno al Lagaccio, il c.s.o.a. Pinelli a Molassana ed appunto il Laboratorio sociale occupato Buridda. Con Don Gallo a fare da garante, si partiva dall'idea che gli spazi occupati di Genova, molti dei quali attivi ormai da anni sul territorio, rappresentassero un valore sociale per la città e meritassero quindi di essere riconosciuti come luoghi di  attivismo ed aggregazione territoriale e come spazi di riqualificazione urbana. Nata sotto la giunta Vincenzi questa trattativa si  è bruscamente interrotta sotto la giunta Doria, dopo che poco o nulla era stato fatto se non il trasferimento del Pinelli dalla sede vicino al canile della Val Bisagno al nuovo edificio di via Fossato Cicala, certamente più consono. Fulcro delle difficoltà nella contrattazione è stato appunto il nodo da sciogliere del Buridda. Al posto dello spazio di via Bertani 1, ex facoltà di economia con 6000 metri quadrati fatti di ampie aule ed  un pezzo di giardino perfetto per i concerti, le attività e i laboratori  che al Buridda coinvolgevano centinaia di persone, la giunta comunale ha proposto agli occupanti il trasferimento in un appartamento al secondo piano del mercato del pesce. Appartamento che misura 500 metri quadrati ma che è diviso in piccole stanze, difficilmente accessibile da grandi numeri di persone a causa di una ripida scala d'accesso e sostanzialmente inadatto alle esigenze di uno spazio sociale eclettico e multiforme come era il Buridda. Su questo punto da più di un anno si era interrotta la trattativa. Poi d'improvviso lo sgombero “ a freddo” con un'imponente operazione di polizia che non poteva che portare ad una reazione di protesta delle centinaia di persone che ogni giorno frequentavano lo spazio occupato di via Bertani. Per capire il perchè di questa protesta che va ormai avanti da giorni e non accenna a placarsi è necessario capire cosa era il Buridda e l'importanza che in più di undici anni di attività aveva assunto e per centinaia di giovani e non e per la città intera.

 Il Buridda nasce nel maggio del 2003. E' l'anno della seconda guerra del golfo e ad occupare sono alcune delle componenti di quel movimento che a questa guerra si oppone. Questo movimento affonda le sue radici nei giorni del G8 di Genova e nasce dal confronto tra diverse realtà sui temi della globalizzazione capitalistica, del rifiuto della guerra, dello sviluppo sostenibile, della necessità di reddito garantito in contrasto alla precarizzazione diffusa e della necessità di spazi sociali dove costruire una società altra. A farne parte a Genova sono i centri sociali ma anche Rifondazione Comunista, componenti ambientaliste e pacifiste nonché molti studenti medi e universitari. C'è una prima esperienza di occupazione ad aprile. Viene preso per una settimana uno stabile di Via Milano (l'attuale Holiday Inn) come atto di protesta contro la guerra in Iraq. Lo stabile è infatti di proprietà del gruppo Carlyle, immensa multinazionale tra i cui azionisti spiccano i nomi delle famiglie Bush e Bin Laden. Da questa esperienza il movimento esce rafforzato nella convinzione di avere l'esigenza di un luogo fisico dove costruire attività e comunicazione. La mattina dell'undici maggio viene quindi occupata l'ex Facoltà di Economia di via Bertani. Lo stabile, di proprietà dell'Università di Genova è vuoto ed in stato d'abbandono da parecchi anni. Al suo interno gli occupanti trovano un patrimonio di migliaia di libri che l'Università con imbarazzo si affretta a portare via dopo pochi giorni. Viene scelto il nome Buridda (dalla tipica e varia zuppa di pesce alla genovese) ad indicare la diversità delle componenti che partecipano all'occupazione “in un unica ed ottima zuppa”.
 
Radio Babylon
Inizialmente il progetto fondante dello spazio è basato sull'idea di costruire una radio popolare. In poche settimane la radio viene effettivamente messa in piedi e con il nome di Radio Babylon inizia a trasmettere in FM in un'area ristrettissima che, oltre alle zone limitrofe all'edificio stesso, copre appena qualche via del centro storico. Radio Babylon però non ha il tempo di svilupparsi. Dopo neanche due mesi dall'inizio delle trasmissioni  la polizia postale effettua un blitz e guidata da Spartaco Mortola ( ex dirigente di piazza al G8 del 2001) sequestra tutto il materiale atto alla trasmissione adducendo la motivazione (mai effettivamente accertata) che la radio creasse interferenze sulle frequenze di trasmissione dei vigili del fuoco di Savona. Nonostante questo primo forzato stop, via Bertani resta occupata. Il Buridda si apre al quartiere ed alla città ed offre i suoi immensi spazi a chi ne ha bisogno per portare avanti progetti sociali, culturali o di aggregazione. In poco tempo si riempie di persone ed attività ed in pochissimi anni diventa un punto di riferimento nel panorama culturale della città. Decine se non centinaia sono i laboratori ed i gruppi che si sono avvicendati nelle stanze della Buridda: gruppi teatrali, laboratori di artigianato quali cucito e falegnameria, aule studio, aule di prova e di registrazione musica, laboratori di informatica, laboratori di autoproduzione, gruppi di promozione di eventi musicali, una palestra popolare di boxe ed una di arrampicata per citarne alcuni. Al Buridda , con costanza vengono anche organizzati concerti ed eventi culturali di grande richiamo come ad esempio il Critical Wine:  fiera dei piccoli produttori di vino che si tiene tutti gli anni in svariate parti d'Italia e che fa riferimento all'omonima organizzazione fondata da Umberto Veronelli per rilanciare una coltivazione ed un consumo sostenibili e di qualità al di fuori delle logiche del mercato e della grande produzione. Otto sono state le edizioni del Critical Wine alla Buridda partecipate ogni anno da migliaia di persone. 

In più di dieci anni di occupazione questo spazio è riuscito a rispondere alle esigenze di una parte importante della città. Attraverso l'autogestione è riuscito ad aggregare pezzi di generazioni diverse che si ritrovano nella comune voglia di fare e creare al di fuori degli schemi standardizzati del consumismo imperante. Il Buridda è certamente un luogo “di parte” nel quale viene proposta solamente una certa visione del mondo ma nonostante questo ha saputo assumere un ruolo fondamentale nel tessuto collettivo cittadino e da molti è sentito come uno di quei beni comuni nel nome del quale molti oggi affermano di agire. Non si capisce quindi come un sindaco quale è Marco Doria dopo essersi fatto forza dei temi della partecipazione, della democrazia diretta e della difesa dei beni comuni per tutto il corso della sua campagna elettorale, possa oggi assumersi la responsabilità dell'aver permesso se non addirittura ordinato lo sgombero di questo spazio sociale. Tutto ciò in un periodo in cui la città vive già momenti intensi di difficoltà sociale con le mobilitazioni dei lavoratori  del trasporto pubblico e degli operai di Fincantieri prima e di Piaggio poi e con la prospettiva a Scarpino di un disastro ambientale incombente. Si può essere d'accordo o meno sull'occupazione degli spazi lasciati in stato d'abbandono ma è comunque indubitabile che l'attività del Buridda rappresenti un polo positivo per Genova nella misura in cui concentra la creatività giovanile (e non solo) in un luogo fisico supplendo alla mancanza diffusa di possibilità di espressione e aggregazione e dando a chiunque l'opportunità di partecipare e di rendersi attivo. Quante cose si facessero al Buridda lo si può intuire dal materiale che gli occupanti hanno portato via dall'edificio. in stato di sgombero coatto con il permesso della polizia. Sotto gli occhi stupiti di  Digos e Celerini, sono stati portati a spalla: sacchi da boxe, attrezzi ginnici, schermi e proiettori, corde e materiale circense, impianti stereo, mixer, stumenti musicali e generatori di corrente, un calcetto, un forno ad alta temperatura, una stampante 3d (con la quale i ragazzi del laboratorio “Fab Lab” hanno anche stampato pezzi per una protesi regalata ad una bambina del quartiere), cucine a gas, un forno per alte temperature autoprodotto, attrezzi agricoli e da cucina ed altro ancora. Un patrimonio di strumentazione, spesso autocostruito che rimane ora inattivo chiuso in qualche magazzino nella speranza di poter ritrovare un luogo dove poter essere nuovamente utilizzato.

Due sono gli elementi fondamentali su cui si costruisce la protesta contro lo sgombero: il numero elevatissimo di persone che, fosse anche una volta sola,  per una sola iniziativa, si sono ritrovate a passare per lo spazio occupato di via Bertani e la capacità di rendere le persone  attive che nel corso degli anni ha caratterizzato il Buridda. Entrambe sono elementi che fanno intuire come la portata di questa protesta sia destinata a non esaurirsi ed a crescere di intensità e di livello. Dal giorno dello sgombero le iniziative in tal senso sono state quotidiane. Gli occupanti si sono attivati nell'immediatezza e con grande sforzo scendendo in strada, presidiando Palazzo Tursi nel giorno della Seduta del Consiglio, lanciando online e su Facebook una campagna di sensibilizzazione che ha già avuto un'adesione di massa: le adesioni alla pagina “Salviamo il Buridda” sono infatti state più di cinquemila in pochi giorni e centinaia sono i “selfie” di solidarietà arrivati sul profilo del Laboratorio Sociale. Il collettivo sta raccogliendo consenso e solidarietà ovunque anche in altre città italiane ed ha già avuto la forza di iniziare una nuova occupuazone seppur temporanea. A partecipare alla protesta non sono solo i membri del collettivo ma una vastità varia di persone fatta di studenti e lavoratori, di militanti dell'area antagonista, di cittadini, di appartenenti al movimento di lotta per la casa pronti a mettersi in gioco in prima persona per rispondere a questo sgombero. E' chiaro come il discorso sia ormai oltre la semplice questione dello spazio fisico andando ad assumere il valore di una lotta sui beni comuni, sul come vengono gestiti gli interessi pubblici, sul come le istituzioni spesso non diano la sensazione di saper rispondere alle esigenze reali della popolazione. Per questo nei volantini e nei comunicati del Buridda si leggono riferimenti alla costruzione del terzo valico, alle occupazioni abitative avvenute a Genova in questi ultimi mesi ed in genere alla situazione di precarietà esistenziale in cui molti partecipanti alla protesta si riconoscono. Lo sgombero è vissuto come un sopruso non singolo ma collegato ad una realtà comune nel Paese. “Non è un caso” dice un ragazzo al megafono dell'assemblea pubblica tenutasi in Piazza San Giorgio subito dopo la nuova occupazione della Garaventa” “che in questi giorni in tutta Italia la polizia abbia sgomberato altre realtà occupate. Ieri a Firenze una palazzina occupata per uso abitativo da un collettivo di ragazze madri, qualche giorno fa a Torino lo sgombero dell'Asilo occupato dal movimento di lotta per la casa, e ancora a Roma e a Salerno.” I partecipanti all'assemblea sono seduti per terra in circolo a gambe incrociate nell'afa di una prima serà d'estate. Il megafono passa di mano in mano e a parlare sono in molti. “ Renzi si sente legittimato dal finto 40 per cento preso alle europee e sta colpendo ovunque in Italia i movimenti sociali per portare avanti le sue politiche di speculazione e di interesse” afferma un altro ragazzo applaudito dalla folla. “ Il PD è il vero responsabile di questo sgombero. Ci aspettano tempi duri e dobbiamo dare una risposta forte e concreta. La città è con noi”  si respira fermento nella piazzetta del centro storico.. Dentro si è già attivata la preparazione di una cena popolare. Tra le stanze vuote è stata trovata anche la cucina dell'ex scuola, perfettamente funzionante e piena di attrezzature lasciate a loro stesse. “Soffritto” hanno scherzosamente deciso di chiamare il nuovo posto occupato temporaneamente. Soffritto come il passo fondamentale precedente alla preparazione della buridda di seppie. L'intenzione comune che esce dalle molte voci presenti alle assemblee è infatti quella di riappropiarsi di uno spazio dove far rinascere il Buridda, il suo collettivo e le sue attività. In quest'ottica  gli occupanti hanno lanciato la data di Sabato 14  per un grande corteo colorato e massiccio.

 

La manifestazione riesce pienamente. Più di duemila persone attraversano la città guidate da un immenso Tir (un autoarticolato da 13 metri) dal quale alternati dalla musica si sono succeduti gli interventi in solidarietà al Laboratorio sgomberato e contro la gestione delle politiche sociali tenuta dalla giunta Doria. A questo corteo partecipano, oltre ai centri sociali cittadini, delegazioni provenienti da Padova e da Milano, il Movimento di lotta per la casa genovese, organizzazioni di studenti medi e universitari ed un mix generazionale di persone che vuole esprimere la propria vicinanza ai "buriddini" sgomberati. Partito a De Ferrari il lungo serpentone scivola giù per via Venti Settembre. Arriva lentamente fino a Corvetto sotto gli scrosci incessanti di un imponete temporale estivo e poi si inerpica su per Via Assarotti. La questura teme un tentativo di rioccupazione della sede di via Bertani e polizia e carabinieri, invisibili nel corteo, presidiano massicciamente i cancelli e gli accessi dell'ex facoltà di Economia. Nelle strade però si balla e si canta. I bambini e le famiglie del movimento di lotta per la casa innalzano casette di cartone che si librano in aria attaccate a palloncini d'elio, tra la gente sventolano bandiere rosse e bandiere no tav e l'atmosfera è quella di una festa. I manifestanti arrivano in piazza Manin, il Tir si arresta qui e la piazza si gremisce di danze. D'improvviso però il corteo riparte, a passo veloce scende in corso Montegrappa e si ferma davanti ad un grande edificio abbandonato. Salta un lucchetto e si aprono i cancelli. La Digos osserva preoccupata e impotente ed i ragazzi del Buridda invadono l'edifico. E' l'ex magistero, all'incrocio con via Montello. Inaugurato da Mussolini in persona in epoca fascista è vuoto da anni, lasciato in stato d'abbandono dall'Università di Genova che lo possiede. Questa volta l'occupazione non è temporanea e i neo occupanti lo dichiarano pubblicamente: "Questo edificio rappresenta in maniera lampante quanto, laddove non si vedono possibilità di speculazione, le risorse della nostra città non vengono tenute in considerazione." gridano al megafono " Questo palazzo di più di tremila metri quadri è  perfettamente agibile ma come molti altri vuoto e lasciato a sé stesso dalle istituzioni della nostra città. Noi oggi lo occupiamo e da qui riparte la nuova Buridda!" La struttura è fatta di tre piani e di una vasta area esterna composta anche da tre fasce di terreno. Così come era successo per l'edificio di Via Bertani,  nei sotterranei gli occupanti scoprono un significativo patrimonio di libri e di attrezzature dell'università accatastate e inutilizzate. Qualcuno afferma che ci sono anche microscopi elettronici e volumi risalenti al '700. Dentro, gli spazi sono ampi e ben sistemati per lo sviluppo di attività collettive. Una bandiera con l'ormai noto polpo, simbolo di questo spazio sociale, viene innalzata sul pennone del tetto del magistero. La sera si presidia e si festeggia, poi già dal giorno successivo iniziano i lavori per sistemare la nuova sede. Viene pulita l'area esterna da spazzatura, erbacce e vegetazione in sovrabbondanza. Nelle tre fasce di terreno che danno direttamente sulla casa dello studente di via Asiago si prevede lo sviluppo di un progetto di orto urbano assieme anche ad alcuni residenti nella casa studentesca che si sono detti interessati. Tutto il materiale salvato dallo sgombero viene portato nella nuova sede e si decidono i nuovi spazi a seconda delle esigenze dei vari laboratori. I lavori da fare sono tanti,  perché anche se l'edificio è in ottimo stato, anni di abbandono non si cancellano con un colpo di spugna. Ma a sporcarsi le mani con attrezzi e vernici sono in tanti nella nuova Buridda e prevedono prima della fine dell'estate di poter  riprendere a pieno le attività sociali interrotte bruscamente con lo sgombero di maggio. L'Università di Genova è presa dall'elezione del nuovo rettore ed ancora non c'è una posizione ufficiale riguardo all'occupazione. Ciò che è certo però è che la Buridda dal giorno dello sgombero ha ricevuto davvero tanta solidarietà da parte di un'ampia e variegata fascia del mondo cittadino, compresi alcuni professori universitari. La capacità di questo spazio di evolversi e di aprirsi alla città accogliendo le istanze di diversi ambienti e di diverse generazioni rappresenta di sicuro un fattore con cui le istituzioni e la proprietà del Magistero dovranno confrontarsi nella scelta di come gestire il fatto ormai avvenuto di questa nuova occupazione. Nel frattempo in corso Montegrappa lavorano e progettano. Già un primo weekend di invito ai lavori con annessa grigliata serale e sound system è stato fatto. Gli occupanti non aspettano ma la loro speranza è quella che la nuova sistemazione possa finalmente rivelarsi stabile.
 

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