24/09/15

La pianista


Quando lei  suonava, qualcosa cambiava nell'aria. Era lo sfasamento di un battito. Al primo premere sui tasti. Al centro del petto, poco sotto la gola. Le dita piccole ma lunghe e affusolate si posavano sul piano. Non ti saresti mai aspettato un suono così. Le voci si zittivano. Il respiro si placava in silenzio. Dal ghiaccio dei suoi occhi. Potenza che fluiva. Lungo le braccia, attraverso le mani. Onda contro rocce affioranti. Il mare profondo. La pioggia. Il corpo sommerso, abbandonato, amniotico all'acqua. Tempesta nel cervello, al primo premere. Alla base del collo. Dita piccole lunghe affusolate. Dita sporche di terra, di legno, di pietra. Dita da donna. Incrostate di farina e di erba. Dita forti,  al primo premere sulla schiena di un uomo. Scivolando sulla pelle, lasciando impronta di sé tra i muscoli tesi. Tra le corde. Sulla spina dorsale. Dentro al legno del piano. Nella mente, al centro del solco, ribollendo materia celebrale sconosciuta.
Quando suonava, qualcosa cambiava nell'aria. L'azione restava sospesa. Il tempo rallentava. Tutto si proiettava al di fuori dei muri di pietra. In una dimensione altra, oltre ai monti. Dentro la quiete oscura del bosco. Buttato tra i fili d'erba mossi dal vento. Quel suono si univa al fragore del torrente. tra la schiuma e i sassi del fondo. Giù in fondo.
Quando lei suonava la trasparenza dei suoi occhi si espandeva nella stanza. L'acqua di un ghiacciaio  sfumata appena al centro di giallo. Un colore indefinito di sole, di ghiaccio, di colza. Un fuoco inspiegabile, caldo e luminoso. Avvolgente. Come i suoi occhi. Come la musica. Giù per le braccia attraverso le mani.  
Quando lei suonava.

 
 
 

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