Vi sembrerà assurdo
ma non ricordo una sola parola di quello che disse. Mi ero estraniato rapito
dal fascino di quello che stava succedendo. Lo osservai volteggiare in mezzo
agli sguardi. Indicare le persone domandare e pretendere risposte che poi non
lasciava concludere. Sentivo il tono della sua voce entrarmi nelle orecchie e
scivolare giù fino al cuore. Come il calore di un sorso di ruhm. Lo vidi creare
immagini nelle menti. Spezzarci in due con la paura ed il senso di colpa e poi
ricostruirci nell'idea della lotta. Aggrottava le sopracciglia e ti faceva
credere di stare parlando da solo con te. L'oscurità dei capelli e del velo di
barba contrastavano con il pallore del viso. Un capo indiano o Gesù di Pasolini.
L'inconfutabilità usciva dalla sua bocca. La logica, la giustizia. Non ricordo
per quanto tempo parlò, per quanto danzò in mezzo a quell'arena improvvisata. "...
e se anche ci verranno a prendere uno per uno avremo avuto la forze di
guardargli negli occhi". Ma quando finì non c'era più nulla da dire. Chi
non era d'accordo era stato ferito a morte, preso sul personale e ora non
avrebbe reagito. Chi aveva dei dubbi sei li era ingoiati. Anche a forza. Chi
invece sperava e voleva, ora era galvanizzato. Una scintilla sarebbe
bastata. Dall'arena mi guardò. Era il
modo ancora per passarmi la palla. Ero
esausto. provato da quel flusso di parole dalla densità che si percepiva
nell'aria. Squadrai la folla intorno.
Tutte le facce erano come la mia. Sicure dell'inevitabilità di quello che
andava fatto. Di quello che lui ci aveva convinti che andava fatto.
"Andiamo " dissi. Non c'era altro da dire e tutti insieme ci alzammo.
Augh.
05/09/18
Augh
Quando Rob entrò all'assemblea il vociare si spense. Calò il
silenzio. Tutti si voltarono a guardare l'ingresso della sala. Lui rimase sullo
stipite, ricacciò in gola l'ultimo tiro della sigaretta e lo sputò nel gelo del
piazzale. Gettò il mozzicone e si fece avanti. Nessuno diceva nulla, allora Rob,
calcando i passi verso la sedia mi lanciò uno sguardo. Ripresi a parlare,
consapevole che non erano le mie le parole in attesa di essere ascoltate. "Se non ci muoviamo ora" dissi
"il rischio è che più della metà di noi già da lunedì rimanga a
casa". Poco prima ad ogni mia
affermazione ribattevano in cento accavallandosi l'un latro e parlandomi sopra.
Ora che c'era Rob però nessuno fiatava.
Sapevano che eravamo dalla stessa parte. E che quello che ora io dicevo
l'avrebbe presto ripetuto lui dopo, in altro
modo. Continuai, osservandolo e non capendo perché non prendesse lui la parola. " Se gli diamo il tempo di
mandarci le lettere a casa potrebbe essere troppo tardi". Rob aveva accavallato le gambe e mi guardava come
fosse uno degli altri, come se fosse la prima volta che ascoltava quelle
parole. Con quei capelli sembrava un Comanche. Un fottuto capo indiano che se
ne stesse lì ad ascoltare cosa aveva da dirsi la tribù prima di parlare.
Stringeva in mano uno zippo in metallo e lasciava correre lo sguardo sui volti
studiandone con rabbia i lineamenti. Più andavo avanti più lo si sentiva
fremere sulla sedia. " Dobbiamo fare qualcosa e farlo ora. Nessuno di noi
è diverso. Non dobbiamo accettare il discorso ' tengono me e mandano a casa lui'.
Non c'è qualcuno di migliore. Siamo tutti uguali. Per loro noi siamo solo
numeri e conti da far tornare". Rob si era sporto verso il centro del
circolo di sedie .Tamburellava con il
piede sul linoleum. Gli scarponi da lavoro sembravano far parte di lui . Li
indossava anche quando uscivamo la sera. Li aveva indossati anche il giorno del
mio matrimonio. Era il testimone. Giacca cravatta, jeans e scarponi da lavoro.
Quello era il suo concetto di eleganza. Il bianco di una striatura gli
attraversava la lunghezza dei capelli. Vedevo l'impazienza sul suo volto e
calcai la mano per arrivare lì dove
volevamo. "Bisogna agire ora appena conclusa l'assemblea. Ci alziamo e
andiamo a bloccare i macchinari. Poi mettiamo un lucchettone alla porta e occupiamo
la fabbrica." Esplose il vociare e le sedie stridettero tutte insieme. Cosa dici, come facciamo? E lo stipendio? Così ci licenziano tutti nessuno escluso! Qualcuno
si alzò in piedi agitando le braccia. Non si capiva più nulla e non potevo riprendere
la parola. Quello era stato il mio modo per passare il testimone a Rob. Era
ancora seduto. Scrutava quello sfogo di massa seguendo i più esagitati. Gli
avevo passato la pipa della pace. Quella che ti permette di parlare e di essere
ascoltato. Sia alzò e fu di nuovo il silenzio. Augh capo Rob. Falli neri Pensai. Augh. Svettava nella sala. I
suoi capelli ondeggiavano sulle spalle anche se di vento, lì dentro non ce
n'era. La luce dei neon si assorbiva nella profondità dello sguardo. Le labbra
si erano increspate strette l'una sull'altra. Chi era ancora in piedi si
sedette. Rob allungò due passi al centro. La testa china pareva fissasse gli
scarponi. Giocherellava con lo zippo nella mano. Aspettò ancora un minuto. Non
mi sono mai capacitato di quella teatralità. Mi sono sempre chiesto se fosse
una parte vera di lui o se fosse più che altro una recita. Ma funzionava. Alzò
il capo e a quel punto parlò.
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