A Davide non era mai piaciuta l'altezza. Il senso di vuoto
lo prendeva dentro tra il petto e la gola anche solo quando buttava uno sguardo
giù dalla tromba delle scale. In più l'istruttore di paracadutismo continuava a
fissarlo in un modo che non gli piaceva. Però ormai era lì. Perché a fare lo
sbruffone con le ragazze prima o poi la si deve scontare... Si voltò verso di
lei. Tutto traballava. Lo guardava luminosa in viso e felice come non mai, seduta sul seggiolino pronta a buttarsi nel
vuoto assieme alla sua istruttrice. Gli sparò uno di quei sorrisi che tolgono
il fiato e lui cercò di ricambiare, ma gli uscì solo una specie di smorfia. Era
pallido, aveva la nausea e il rombo dell'aereo era assordante. Tornò a guardare
di fronte a sé. L'istruttore era ancora lì, non aveva detto una sola parola da
quando si erano incontrati, lo sguardo fisso contro di lui e la parvenza di un risolino
inquietante ad increspargli le labbra. Proprio non gli piaceva. Eppure quello
era l'uomo da cui nei prossimi minuti sarebbe dipesa la sua vita. Sarebbero
stati stretti l'uno all'altro in una caduta folle dall'alto dei cieli e la
sopravvivenza di entrambi sarebbe dipesa dalla volontà di quell'essere. Un
brivido inspiegabile attraversò la schiena di Davide dalla cima del collo giù
fino al fondo della colonna vertebrale. "Tra poco ci siamo." disse
l'istruttore facendo stridere la voce. Quella frase fu come un colpo di
pistola nelle orecchie di Davide. rrrrrrrrrrrrrr
Tra.
Quel tono acuto, quella r raschiata e
un po' masticata nella saliva sputacchiante... d'improvviso la sua mente fu proiettata
in un altro tempo e in un altro luogo. Sedici
anni, un cassonetto della spazzatura davanti alla scuola. Sull'aereo tutti
si alzarono e gli istruttori iniziarono ad armeggiare con le cinghie. A Davide
però ora tremavano le gambe e non
riusciva a smettere di guardare l'istruttore che inflessibile continuava a
sostenere lo sguardo. Nel ronzio assordante
la ragazza gli gridava cose entusiaste all'orecchio ma lui non la sentiva
neanche. Non esisteva più. C'erano solo lui, l'istruttore e, sotto, il vuoto. Un
paio di piedi nudi spuntavano agitandosi dal cassonetto. Davide e i suoi amici sghignazzavano di gusto. Senza dire una
parola il paracadutista lo tirò verso di sé e lo legò stretto con la
cinghia. Non poteva essere lui, così
magro così muscoloso, come aveva fatto? L'odore
di marcio saliva nauseante dalla spazzatura. rrrrrr "Siete dei bastardi! Un giorno ve la farò
pagare!" diceva piangendo una voce dal cassonetto. Il portellone
dell'aereo venne aperto ed una folata di vento gelido li investì su tutto il
corpo. Davide continuava a ridere
"Certo Pallozza certo... siamo qui che aspettiamo... faccela pagare!".
La ragazza e l'istruttrice si erano
buttate. Forse lei gli aveva mandato un bacio prima di saltare. Legato
con la schiena contro il ventre dell'istruttore fu sospinto verso il bordo del
portellone. Il vento gli sferzava la faccia. Guardò giù. Non avrebbe dovuto
farlo. Le sue membra erano rigide come un pezzo di pietra. Faceva resistenza,
mentre l'altro in silenzio lo spingeva in avanti. Sentiva il suo respiro caldo
e appiccicoso contro l'orecchio. Lo
avevano chiuso dentro e non era più riuscito ad uscire. Erano passate tre ore
prima che qualcuno lo sentisse gridare e lo aiutasse a venire fuori. Girò
la testa verso di lui più che poteva per quanto poteva. Il paracadutista si
arrestò un istante. "P-Pallozza?" chiese Davide con voce tremante.
"Non mi chiamo Pallozza." gridò una voce dal cassonetto. E i due si
tuffarono nel vuoto.
Nessun commento:
Posta un commento
Se lasci un commento...firmati!